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Politecnico di Genova: miraggio o opportunità?

7 marzo 2008

A Genova funziona così, prima si lancia il sasso, si vede l’effetto che fa e poi si comincia a parlare seriamente della questione, quando tutti hanno già preso posizione sul nulla fatto di carta e di inchiostro. E anche la questione del “Politecnico” ha seguito lo stesso copione. Mi ricorda un po’ quello sterile dibattito che ogni tanto torna di moda quando qualcuno chiede di buttare giù la sopraelevata. Solito can can e la sopraelevata rimane lì, oserei dire fortunatamente… il Politecnico dovrebbe essere, detta molto molto molto in soldoni, la secessione di Ingegneria dall’Università di Genova. Detta, invece, in politichese in salsa accademica una grande opportunità che consenta all’industria genovese di avere un unico autorevole interlocutore specializzato nella ricerca e nell’innovazione dei loro prodotti. A Torino il Politecnico si occupa di auto? Bene, a Genova lo facciamo sull’ingegneria navale e sul nucleare, che si sa ogni tanto torna di moda, pecoraro scanio permettendo. Poi, il combinato disposto delle due campagne elettorali – politiche da una parte e per l’elezione del nuovo Rettore dell’Università di Genova dall’altra – rende il tema di attualità. Ovviamente il coro dei consensi ha già cantato. I pochi a storcere il naso sembrerebbe solo alcuni accademici preoccupati che l’Ateneo senza Ingegneria metta la parola irreversibile accanto alla crisi in cui versa.
Pellizzetti sul Secolo XIX di qualche settimana fa – di professione opinionista, giuro che da grande voglio fare l’opinionista anch’io, chissà se si guadagna bene – giustamente sottolineava che se a Torino c’è la Fiat, a Genova c’è Finmeccanica e ci aggiungerei anche Fincantieri, l’IIT, l’Esaote e il gruppo Malacalza. Ma deve cambiare la mentalità per l’operazione “Politecnico”: l’Università non deve essere vista dall’industria solo nella sua forma più classica, come mero strumento di recruiting qualificato, ma come vero e proprio fornitore di servizi di ricerca e di idee innovative. Il cammino verso il Politecnico dovrebbe essere il punto di partenza verso qualcosa di grande e di ambizioso e non un mero punto di arrivo della Facoltà di Ingegneria. Cambiamento di mentalità e ambizione sono concetti che stridono tremendamente con Genova e con i genovesi – sia detto senza offesa, dopotutto sono un genovese anch’io.
L’incremento a macchia di leopardo del numero degli Atenei nel nostro Paese ha finito per depauperare il sistema universitario nel suo insieme, disperdendo importanti risorse in mille rivoli. Il nuovo Politecnico di Genova non deve essere “uno in più”, ma anzi dovrebbe cercare di rendere la propriagestione il più possibile autonoma attraverso la creazione di fonti di entrate alternative ai finanziamenti pubblici. Se è difficile, infatti, immaginare in Italia un modello “Rolls Royce”, di stampo anglosassone, dove i centri di eccellenza sono costituiti direttamente nelle Università, occorre quanto meno sviluppare il più possibile la specializzazione di questo o quel dipartimento nelle attività di Ricerca e Sviluppo utili e necessarie all’Industria.